28 agosto 2013

Serenity "Fucking" Valley I



Hera, Serenity Valley, 15 marzo 2511

Traccia audio 00021

Il rumore di spari lontani mi sveglia dopo neanche un’ora che mi ero addormentato, costringendomi a quella che sembra già essere l’ennesima notte insonne.
Mi bruciano gli occhi, che scommetto cinquanta dollari saranno rossi e cerchiati. Ma mi sforzo di tenere aperte le palpebre e guardarmi intorno.
Buio. Mi ci vuole qualche minuto perché i miei fotorecettori si abituino a quella carenza di luci, e mi permettano quindi di distinguere le sagome attorno a me.

I miei compagni. Amanti ideali in quelle notti di morte. Gente che preferisce i fatti alle parole, gente ormai rara purtroppo. Gente che, a differenza mia, non ha il sonno così leggero, visto il concerto di rantoli e russamenti che mi circonda. Sarò però lo stesso meglio parlare piano e non far rumore. Nessuno gradisce i risvegli precoci.

Li conosco tutti, per cognome. Adams, Lindsey, Trevor, Xinhan, Williams… potrei andare avanti per ore. Ma di nomi ne conosco pochi. Così come pochi conoscono il mio. “Per non affezionarci”, ci ripetiamo. Sappiamo che probabilmente questo pianeta sarà l’ultimo su cui metteremo mai più piede. Ma la cosa non ci spaventa. Quello in cui crediamo, o ci sembra di credere, ci spinge ad andare avanti.

Ogni giorno però la lista dei cognomi si accorcia. Fra qualche settimana potrei impiegare solo qualche minuto per elencarli tutti. Ogni giorno qualcuno muore. E domani potrebbe toccare a me.
Non so neanche io perché ho deciso di imbarcarmi in tutto questo. Lasciare le poche cose che ancora avevo, rischiando di non poterle più riavere. Ma ormai sono qua e tutto ciò che posso fare è tentare di sopravvivere ancora un giorno, una settimana, un mese. Sopravvivere fino a che tutto non sarà finito.
Aspetto. L’alba è ancora lontana. E c’è tempo perché i ricordi si affastellino nella mente e lottino per venire a galla.

Odore di sangue e carne bruciata. Corpi di uomini e donne ammassati come sacchi di immondizia. Non c’è tempo per seppellire i cadaveri. Troppi. E noi stiamo lì a guardarli. A guardare gli occhi vitrei dei nostri compagni caduti, che ci fissano chiedendo vendetta, mentre ci lecchiamo le ferite in attesa della carica successiva. Carica che non si fa mai attendere troppo a lungo. Sembrano non finire mai. Ci sciamano ogni volta addosso come locuste fameliche. Ci prendono per sfinimento, costringendoci ad indietreggiare.

Uno scoppio vicino mi riscuote dal torpore in cui ero caduto. Mi risveglia dai ricordi e dai pensieri. Si vedono distintamente, nel buio della notte, le scie dei proiettili. La battaglia non è più così lontana. Ma sembra che questa notte non finiremo sotto i colpi nemici. Almeno spero.
Domani, invece, sarà un altro giorno di morte.