Siamo atterrati a notte fonda, pochi chilometri fuori da
Providence. Non saprei dire con esattezza se a nord, est, ovest o sud. Di notte
è tutto scuro e uguale, difficile quindi orientarsi a meno che non si conosca l’esatta
posizione degli astri nel cielo. In quel caso forse un barlume di orientamento
lo si sarebbe potuto avere.
Il viaggio è stato abbastanza rapido, e agevole. Il pilota
sapeva il fatto suo, e ha evitato le rotte battute dalle navi confederate e da
quelle alleata, nonché mine o chissà cos’atro sia stato disseminato lungo i
confini spaziali. Anche il resto dell’equipaggio si è dimostrato efficiente dal
punto di vista professionale, nonostante peccasse un po’ di capacità sociali.
Ma in certe situazioni è forse meglio aver a fianco qualcuno che sappia il
fatto suo e svolga correttamente i propri compiti, piuttosto che la persona più
simpatica del ‘Verse ma incompetente.
Aiutato quindi dalle indicazioni ricevute a bordo, su quale
fosse la via più breve per raggiungere Providence, mi sono incamminato. All’esterno
pioveva. Una pioggia tutto sommato leggera, ma con gocce così fini da risultate
sulla pelle nuda come piccole punture di ago.
Alle mie spalle, dopo aver fatto alcune centinaia di metri,
ho sentito il rombo dei motori che venivano rimessi in moto. E la nave che fin qui
mi aveva portato ha ripreso il volo, tagliandomi la possibilità di un ritorno
su Greenfield nel caso avessi di lì a breve cambiato idea.
Ho impiegato parecchio ad arrivare alla cittadina. La strada
era buia, e le luci in lontananza non aiutavano di certo la visuale del
terreno. Terreno piuttosto accidentato, considerato che per poter fare prima
sono stato costretto a tagliare per qualche campo. I rumori poi che ogni tanto
riempivano il silenzio della notte, rotto altrimenti solo da sporadici boati,
mi costringevano a fermarmi. Giusto il tempo per realizzare che erano causati
da innocui animali notturni.
Quando sono stati distinguibili i profili delle costruzioni
di Providence devo ammettere di aver tirato un sospiro di sollievo. L’adrenalina
maturata durante il viaggio attraverso lo spazio aereo del sistema Polaris, in
aggiunta a quella guadagnata durante quella camminata “serale”, rischiava di
essere un po’ troppa così tutta insieme. Così come troppo inzuppati iniziavano
ad essere i miei vestiti.
Nonostante l’orario sono anche riuscito a rimediare un posto
al coperto per poter dormire qualche ora prima che si facesse l’alba.
Così adesso posso coricarmi e riposare un po’. Domani mi
aspetta un altro viaggio, sperando di non doverlo fare interamente a piedi.