07 settembre 2013

The girl on my bed



E’ stesa sul letto. Non era sufficientemente grande per poterci  dormire sopra entrambi. Così glielo ho lasciato.
Faccio fatica a scrivere. Sono stanco e vorrei stendermi sul pavimento per abbandonarmi al sonno. Ma non ci riesco. Non ancora.
Ogni tanto le illumino il viso per guardarla riposare. Gli occhi color miele sono chiusi, segno che ancora non ho fatto così tanto rumore da svegliarla. I capelli biondi le ricadono su una guancia, coprendole parzialmente il volto. Si può distintamente discernere la forma del suo corpo sotto il lenzuolo. Lenzuolo che periodicamente si alza e si abbassa, al ritmo del suo respiro.
Non ho idea cosa significhi questa sensazione di impellenza. Il desiderio bruciante di allungare una mano per toccarle il viso, come a voler appurare che sia tutto reale. Che non sia l’ennesimo frutto della mia fantasia. L’ennesimo vivido sogno da cui risvegliarsi con l’amaro in bocca. Era da mesi che non provavo nulla di simile.
Anna e Omi. Solo due donne mi hanno fatto sentire così. Posso sentire il martellare del mio cuore mentre lancio un’altra occhiata alla ragazza. Mi viene da sorridere. E’ difficile trattenere questo sorriso ma mi sforzo, perché so che abbiamo ceduto a qualcosa di sbagliato.
Destino avverso. Siamo come un contenitore diviso a metà da una membrana semipermeabile. Solo alcune molecole possono passare da una parte o dall’altra. Così le nostre idee ci rendono impossibile esternare tutto quello proviamo.
Ma va bene così, per ora.
Si muove, la ragazza, portandosi in posizione supina. Ha un braccio piegato e la mano infilata dietro la testa, sotto il cuscino. Le prime luci dell’alba iniziano ad illuminare la parte di stanza vicino alla finestra. Socchiudo gli occhi. Ma ormai resistere al richiamo del sonno è difficile. Riesco però a riaprirli, indugiando per qualche istante con lo sguardo sulla parete della stanza. Vuota, senza nulla di importante o degno di nota, ma ora particolarmente magnetica. Qualcosa su cui concentrare l’attenzione per impedire alla stanchezza di prendere il sopravvento.
La notte è stata lunga. Attesa. Un drink rimasto in sospeso troppo tempo. Due chiacchiere. Qualche bicchiere di troppo. Alla fine abbiamo ceduto.
Nulla di cui pentirsi. E’ stato un attimo lasciarsi andare. E lo rifarei. Però ciò non toglie che sia sbagliato. Soprattutto per lei, che sa cosa io pensi. Che sa in cosa io credi. Che sa le scelte che probabilmente mi troverò a fare nel prossimo futuro. Ma questa notte non le è importato. E non è importato neppure a me.
Le lancio l'ultima occhiata, per appurare che stia ancora dormendo. Sì, riposa ancora. O se non sta riposando, finge molto bene di farlo. Penso di lasciarla ancora un po’ nel letto. Ho bisogno di fare due passi per schiarirmi le idee…

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