Hera, Serenity Valley, 15 marzo 2511
Traccia audio 00021
Il rumore di spari lontani mi sveglia dopo neanche un’ora
che mi ero addormentato, costringendomi a quella che sembra già essere
l’ennesima notte insonne.
Mi bruciano gli occhi, che scommetto cinquanta dollari
saranno rossi e cerchiati. Ma mi sforzo di tenere aperte le palpebre e
guardarmi intorno.
Buio. Mi ci vuole qualche minuto perché i miei fotorecettori
si abituino a quella carenza di luci, e mi permettano quindi di distinguere le
sagome attorno a me.
I miei compagni. Amanti ideali in quelle notti di morte.
Gente che preferisce i fatti alle parole, gente ormai rara purtroppo. Gente
che, a differenza mia, non ha il sonno così leggero, visto il concerto di
rantoli e russamenti che mi circonda. Sarò però lo stesso meglio parlare piano e non far
rumore. Nessuno gradisce i risvegli precoci.
Li conosco tutti, per cognome. Adams, Lindsey, Trevor,
Xinhan, Williams… potrei andare avanti per ore. Ma di nomi ne conosco pochi.
Così come pochi conoscono il mio. “Per non affezionarci”, ci ripetiamo.
Sappiamo che probabilmente questo pianeta sarà l’ultimo su cui metteremo mai
più piede. Ma la cosa non ci spaventa. Quello in cui crediamo, o ci sembra di
credere, ci spinge ad andare avanti.
Ogni giorno però la lista dei cognomi si accorcia. Fra
qualche settimana potrei impiegare solo qualche minuto per elencarli tutti.
Ogni giorno qualcuno muore. E domani potrebbe toccare a me.
Non so neanche io perché ho deciso di imbarcarmi in tutto
questo. Lasciare le poche cose che ancora avevo, rischiando di non poterle più
riavere. Ma ormai sono qua e tutto ciò che posso fare è tentare di sopravvivere
ancora un giorno, una settimana, un mese. Sopravvivere fino a che tutto non
sarà finito.
Aspetto. L’alba è ancora lontana. E c’è tempo perché i
ricordi si affastellino nella mente e lottino per venire a galla.
Odore di sangue e carne bruciata. Corpi di uomini e donne ammassati come sacchi di immondizia. Non c’è tempo per seppellire i cadaveri. Troppi. E noi stiamo lì a guardarli. A guardare gli occhi vitrei dei nostri compagni caduti, che ci fissano chiedendo vendetta, mentre ci lecchiamo le ferite in attesa della carica successiva. Carica che non si fa mai attendere troppo a lungo. Sembrano non finire mai. Ci sciamano ogni volta addosso come locuste fameliche. Ci prendono per sfinimento, costringendoci ad indietreggiare.
Uno scoppio vicino mi riscuote dal torpore in cui ero
caduto. Mi risveglia dai ricordi e dai pensieri. Si vedono
distintamente, nel buio della notte, le scie dei proiettili. La battaglia non è
più così lontana. Ma sembra che questa notte non finiremo sotto i colpi nemici. Almeno spero.
Domani, invece, sarà un altro giorno di morte.
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