10 marzo 2013

Ricordi durante il viaggio di ritorno

Odore di morte nell'aria. Le baracche divelte. Pezzi di lamiere e assi di legno sparsi sul terreno. Nelle orecchie ancora il rimbombo degli scoppi, un fischio fastidioso dovuto al trauma acustico di una bomba caduta troppo vicino.
Jenna, due anni più vecchia di me, è china su un ragazzetto di circa 13 anni, con le gambe ridotte a poltiglia sanguinolenta. Probabilmente sopravviverà ma non camminerà mai più...

"Alan, porta qui la borsa con gli anestetici. E portami anche un seghetto."
"Ma sei fuori di testa? Vuoi farlo qui? Portiamolo via, potrebbero ripassare. E in quel caso nè tu nè io vorremo trovarci qui all'aperto!"
 "Non c'è tempo, a meno che tu non abbia con te qualche unità di sangue per evitare che si dissangui nel frattempo! Vieni qui e non rompere come tuo solito! Non passano due volte così ravvicinatamente sullo stesso posto. E poi chissà che avranno da bombardare sulle baracche. Grandi strutture strategiche per gli Indipendentisti eh! "
Mi avvicino, portando in una mano la borsa con gli strumenti e nell'altra una sega da falegname. Un po' spuntata forse, ma considerata la situazione non ci si può lamentare.
Si riesce ancora a sentire il saltuario sfrigolare dei corpi bruciati. Grasso e pelle cola dai cadaveri creando macchie untuose sul terreno. Sopprimo a fatica un conato di vomito.
Un rumore improvviso costringe Jenna e me a voltarci, distogliendo per un attimo lo sguardo dal povero ragazzo ai nostri piedi. Velivoli in avvicinamento. Ci guardiamo, entrambi sorpresi di quel nuovo passaggio su una zona già ampiamente distrutta.
Un secondo appena di titubanza, indecisi se trascinarci dietro il tredicenne o lasciarlo sul campo a morire. Decidiamo di lasciarlo lì, assicurandogli una morte veloce contro quella lenta e dolorosa del dissanguamento. Una lacrima appena sgorga dagli occhi di Jenna, creando un solco nello spesso di stratto di polvere che le imbratta il bel viso. E' sempre stata troppo sensibile, e in situazioni come quelle è una caratteristica che rischia di essere solo d'impiccio.
Iniziamo a correre, facendoci largo tra corpi e metallo. 
Inciampo. 
Mi rialzo. 
Riprendo a correre più forte di prima. 
Jenna è pochi metri dinanzi a me. 
Si iniziano a sentire gli scoppi. 
Prima uno, poi un altro. 
Sempre più vicini. 
Le orecchie iniziano a farci male. 
Le sferzate di aria sotto pressione generate dalle deflagrazioni ci sospingono in avanti. 
Iniziamo a sentire il calore delle esplosioni.

"Corri Alan! Corri!"

La voce di Jenna mi arriva attutita. Sembra lontana anni luce mentre invece, se allungassi il braccio, potrei quasi toccarle la schiena.
Socchiudo gli occhi, accecati da un bagliore inaspettato. Poi li riapro e Jenna non c'è più.
Mi ritrovo a mia volta catapultato all'indietro. Tutto sembra rallentato. Un fischio acuto e continuo mi impedisce di sentire qualsiasi cosa stia succedendo attorno a me.
Dolore, solo dolore. Devo avere qualche ossa rotta, ma non so. Avverto come una stilettata alla spalla sinistra, qualche scheggia mi sarà di sicuro penetrata nel braccio. So già che fra qualche minuto non vedrò più nulla e perderò conoscenza. Per ora l'adrenalina mi anestetizza e mi tiene vigile. Ma la scarica presto si esaurirà... devo trovare Jenna...
Muovo la testa a destra e a sinistra, per quel che il dolore mi consente di fare. E la vedo, a dieci metri da me. Sembra  muovere le labbra per dirmi qualcosa ma non sono mai stato bravo a leggere il labiale.  Un pezzo di legno le si è conficcato nel collo e uno spasmo le sconquassa il corpo martoriato, prima che smetta di respirare.
Piango e svengo.

Riapro gli occhi trovandomi su una barella improvvisata, in mezzo alla devastazione. Mi sento intontito dai farmaci che qualcuno deve avermi inoculato. Un paio di pinze si allontanano dalla mia spalla, estraendo una, due, tre schegge metalliche. Non sento niente. 
Svengo ancora.

Riapro nuovamente gli occhi, e non sono più su un campo di morte. Sono in viaggio verso Oak Town.
Siamo in fase di atterraggio, ancor pochi minuti e potrò scendere.
Istintivamente mi tocco la spalla sinistra  laddove, sotto la camicia, si celano le cicatrici. E' ciò che la guerra mi ha lasciato. Un ricordo doloroso. E altrettanto forte è il dolore che ancora mi attanaglia se non prendo i miei farmaci.
Quando il dolore si riacuisce, si risveglia anche il mio odio assopito verso l'Alleanza. 
Odio che per ora, vivendo e lavorando al ranch di Oak Town, devo tenere sotto controllo.

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